“ IL RISVEGLIO ... 2300 anni di solitudine ”



CITTA’ DELLA PIEVE (Perugia) - CHIESA DI SANTA MARIA DEI SERVI

In MOSTRA: la tomba di Laris fotografata da Raffaella FRANCI



IPOGEO ETRUSCO – ottobre 2015 : la scoperta !!



LA NAZIONE - Città della Pieve, 29 ottobre 2015  

È ETRUSCA LA TOMBA scoperta nei giorni scorsi in un terreno di vocabolo San Donnino, alle porte di Città della Pieve. La conferma è arrivata ieri al termine di un sopralluogo durato circa tre ore e condotto dai tecnici della Soprintendenza archeologica regionale – l’archeologo Clarita Natalini, il funzionario per le tecnologie Francesco Giordano e il fotografo Valentino Pescari – che hanno sciolto ogni dubbio sull’origine dei reperti individuati a quasi due metri di profondità dal suolo. A ritrovarli era stato un agricoltore della zona, che dopo aver arato il campo era finito con una ruota del suo trattore nella voragine aperta sul terreno.



LA TOMBA ETRUSCA di LARIS - Lo SCAVO di SAN DONNINO :

4 ARCHEOLOGHE volontarie al lavoro - INDAGINI STRATIGRAFICHE a cura di Silvia DE FABRIZIO, Francesca BIANCO, Benedetta DROGHIERI, Andrea PAGNOTTA.



La DATAZIONE attualmente più accreditata è fra la prima metà del terzo secolo a.C e la seconda metà del secondo secolo a.C. Ulteriori indagini sui rilievi dei SARCOFAGI e soprattutto lo studio epigrafico sull’iscrizione e la tecnica di incisione delle lettere nella pietra potranno fornire indizi significativi per una datazione più precisa. 



TOMBA A CAMERA a scavo diretto con DROMOS - corridoio di acesso in pendenza perfettamente tagliato nel banco di arenaria. PORTA a due ante di travertino.

La tomba è molto simile a quella detta "del Colle" rinvenuta nel Comune di Chiusi. Sicuramente si tratta di una sepoltura familiare, una tomba gentilizia usata a lungo nel tempo. 


SARCOFAGI a CASSA - tipologia architettonica con coperchio a doppio spiovente, ispirata alle abitazioni domestiche, discendente da esemplari in marmo greco databili alla fine del VI secolo a.C. e con i lati presumibilmente decorati ( usuali le scene tratte dalla mitologia greca oppure le processioni etrusche )



URNE CINERARIE: il coperchio è la rappresentazione del KLINE - letto triclinare utilizzato per banchettare, su cui è semisdraiato adagiato di fianco il commensale … il gomito sinistro appoggiato su un doppio cuscino … CORONA CONVIVIALE al collo … la mano destra che sorregge la PATERA – il piatto per le offerte agli Dei - scolpita raggiata … omaggio ad APOLLO – il dio del SOLE …  



La patera è una coppa usata per versare liquidi durante i sacrifici rituali. Generalmente a forma di scodella o tazza poco profonda … un'ansa con la funzione di manico … veniva usata per versare liquidi - in particolare VINO o LATTE - sulla testa delle vittime o sull'ara prima del sacrificio.

Al centro della patera un rilievo – l’ OMBELICO DEL MONDO !!


Col termine greco di omphalos (ombelico) si indicava una pietra o un oggetto dal valore religioso. Nell' antica Grecia la pietra scolpita era situata a DELFI, nel Tempio di Apollo, da cui la Pizia diffondeva i suoi vaticini.

Il tempio di Apollo delfico era il più importante di tutto il mondo greco, per questo l'omphalos indicava che Delfi, col suo santuario, era il centro del mondo, il suo ombelico.



APOLLO, il serpente PITONE e l’ ORACOLO di DELFI

Apollo aveva un conto da regolare con il serpente Pitone che aveva perseguitato tanto crudelmente sua madre Leto, costringendola a scappare per tante terre.

Divenuto un giovane bello e forte, Apollo partì dall'isola natale e si diresse ai piedi del monte Parnaso, dove in un'orrida caverna viveva il mostruoso serpente. Lanciò all’interno della grotta una torcia accesa e fumante, costringendo così il serpente a venir fuori. Apollo tese l'arco e gli lanciò contro un'infinità di frecce, che uccisero finalmente Pitone. La caverna del serpente Pitone divenne un oracolo, il più famoso di tutto il mondo antico, l' ORACOLO DI DELFI. In questa grotta, da crepe nel terreno, uscivano vapori eccitanti che inebriavano la sacerdotessa – Pizia - che assisa su un tripode pronunciava parole sconnesse e oscure, che un profeta interpretava.




PIZIA – Enciclopedia Italiana TRECCANI

Nome col quale si designava la sacerdotessa che, a Delfi, recitava i responsi del dio a coloro che erano venuti a interrogare l'oracolo (v.); tale denominazione si collega con il serpente PITONE ucciso da Apollo e che si diceva giacere sepolto sotto l'omfalo delfico. La P. veniva scelta fra le donne vergini e di buona famiglia del paese: non si esigeva, almeno dal sec. V in poi, età molto giovanile né nobiltà di natali. Nei tempi più antichi il suo ufficio si svolgeva periodicamente, una sola volta all'anno, il settimo giorno del mese delfico di Bysios (febbraio), nella quale epoca soltanto si potevano richiedere responsi all'oracolo; più tardi, dato il numero sempre crescente degl'interroganti, la P. dové rimanere in funzione costantemente, e si ebbero talora anche due e perfino tre P. che officiavano a turno.



Da WIKIPEDIA : La posizione di Pizia venne ricoperta da donne scelte nella città di Delfi, senza limiti di età, per circa 2000 anni, dal 1400 a.C. fino al 392 d.C. quando la pratica venne proibita dall' imperatore romano Teodosio I che, dopo aver reso il Cristianesimo religione di Stato nel 380, aveva soppresso i culti pagani attraverso i decreti teodosiani.



Con il termine omphalos ci si riferiva anche al masso che Rea fece ingoiare a Crono al posto del figlio Zeus.




Le fasi principali dell' eccezionale scoperta della TOMBA di LARIS a CITTA’ DELLA PIEVE :



Individuazione del sito tramite foto satellitari scelte dal Geoportale dell’Umbria.

Allestimento del cantiere di scavo archeologico nei mesi novembre e dicembre 2015, con l’ indagine stratigrafica iniziale volta a mettere in luce il dromos, il corridoio d’accesso alla camera sepolcrale.

La scoperta in situ delle lastre di travertino che costituiscono la porta della tomba.

Lo scavo stratigrafico dell’interno della cella funeraria con il rinvenimento di due sarcofagi e tre urne cinerarie, del corredo formato da vasi in ceramica e oggetti di metallo.

Il trasporto di tutti i reperti, particolarmente difficoltoso e impegnativo, a cura dei Vigili del Fuoco di Perugia.

La collocazione temporanea di tutti gli elementi nell’ambiente sotterraneo di S.MARIA DEI SERVI, che ospita il Museo Civico Diocesano di CITTA’ DELLA PIEVE.

Analisi epigrafica della trascrizione delle due iscrizioni sepolcrali presenti sul sarcofago di LARIS e sull’ urna di marmo di AULE.

Nel sarcofago con iscrizione è stata rilevata la presenza di un cranio con evidente frattura alla base del collo …

Descrizione stilistica dei rilievi e delle sculture a tutto tondo presenti sui coperchi delle urne cinerarie di marmo, perfettamente conservate. Statue raffiguranti figure maschili recumbenti (cioè semi distese) realizzate in travertino alabastrino, una pietra bianca con venature e tessitura fine. 

La testa della terza urna rinvenuta, realizzata con l’intenzione di rendere una precisa connotazione dei tratti anatomici, presenta tracce di colore e pupille disegnate.




Le raffigurazioni umane sui coperchi delle URNE CINERARIE sono precise nei particolari dell'espressività del volto e potrebbero far ritenere che lo scopo principale di questa SCULTURA FUNERARIA fosse quello di conservare i tratti propri del defunto. In realtà nelle società antiche, come insegnano l' antropologia e l' etnografia, si mira piuttosto a raffigurare e far emergere il rango del defunto e le cariche di cui era investito quando era ancora in vita, nonché i suoi "eventuali" onori.



Per quanto concerne la DECORAZIONE PITTORICA, in Etruria erano preferiti i toni dei colori tenui e naturali: si utilizza più spesso il blu, il nero, il verde e il giallo. Non mancano poi forti contrasti di chiaro scuro e vivide policromie.



CORREDO FUNEBRE – attualmente in restauro
Una serie di vasetti in ceramica acroma, una serie di piattini di terracotta “bruciata”, oltre a un’olla e un’anfora dal corpo ovoidale. Tra i reperti metallici frammenti di uno strigile e un’olletta in bronzo.

 

STRIGILE (strigilis) – Enciclopedia dell’ARTE ANTICA – TRECCANI

Strumento usato nelle palestre e nei bagni per detergere l'olio misto a polvere di pomice usato prima che si diffondesse, nel tardo Impero, l'uso del sapo, mistura a base di grassi, di uso barbarico.

Si compone sempre di un lungo e stretto cucchiaio ricurvo (ligula) e di un manico (capulus), e la sua forma resta fondamentalmente la stessa dalla sua introduzione ed uso (probabilmente fine del VI sec. a.. C.) fino ad età romana. Le piccole variazioni nella curvatura, che può essere arrotondata o ad angolo acuto, e nella forma del manico che può presentarsi anche traforato, per permettere l'inserzione delle dita, non sono tuttavia signiflcative di differenze cronologiche. Lo s. è generalmente di bronzo o di argento, a volte di avorio; alcuni presentano iscrizioni, generalmente nomi proprî. Il manico era anche lavorato a parte, fuso in pezzi a volte di notevole bellezza. Lo s. fu ugualmente usato dagli uomini e dalle donne. Abbiamo numerose rappresentazioni sui vasi e sugli specchi che ci mostrano anche come esso veniva usato. Il soggetto dell'atleta con lo s. fu più volte trattato in scultura (v. apoxyomenos).



STRIGILE (strigĭlis) - ENCICLOPEDIA ITALIANA - TRECCANI

Strumento di bronzo o di ferro di cui si servivano gli antichi per detergersi il corpo. La forma della strigile non ha subito molte modificazioni nel corso dei secoli. Essa era costituita da un'impugnatura diritta e da una parte superiore ricurva e concava, evasa all'estremità, evidentemente per facilitare così l'espulsione della sozzura raccolta nella detersione.

Poiché la strigile era adoperata a corpo nudo e dopo il bagno e soprattutto dagli atleti, l'atto di strigilarsi diede motivo agli artisti per rappresentare il corpo umano in movimento e nelle pose più svariate. Ne abbiamo esempi in numerose pitture vascolari e nella statua famosa dell'Apoxyómenos di LISIPPO. La strigile era talora adorna di figure allusive al suo uso. Una, ad es., assai graziosa, ci mostra una donna con la strigile in mano: giacché anche le donne l'usavano, sia pure più raramente degli uomini. La strigile era spesso compresa nella suppellettile funeraria ed è per questo che ne possediamo nei musei numerosi esemplari.


 

SARCOFAGO IN PIETRA di CHIUSI

La pressione romana sulla popolazione di TARQUINIA è all'origine dell'improvvisa fioritura dei sarcofagi in pietra chiusini alla metà del III secolo a.C., per una migrazione delle maestranze meridionali al nord dove la prevalenza dell' INCINERAZIONE aveva impedito una precedente diffusione dell'uso del sarcofago.

È noto in epoca tardo arcaica il sarcofago chiusino rinvenuto nella necropoli dello Sperandio di PERUGIA ove si trova raffigurato un ritorno vittorioso da una razzia di uomini e di bestiame.

L’ INUMAZIONE divenne frequente alla fine del IV secolo a.C. con una prevalenza di sarcofagi a cassa lignea, coperchio a spioventi e rilievi in specchiature ristrette. L'avvicinamento alla produzione tarquiniese si ebbe tuttavia con i sarcofagi figurati, che riprendono la tradizione locale del banchettante sulle urne cinerarie, ma in posizione quasi supina, quale si può vedere nei sarcofagi tarquiniesi contemporanei. Ha fortuna in questa prima fase dei sarcofagi chiusini la conformazione a kline della cassa e l'assenza dei frontoncini sul coperchio.

Da CHIUSI l'uso del sarcofago si diffuse nel terzo quarto del III secolo a.C. a VOLTERRA e a POPULONIA dalla tradizione chiusina dipenderanno le urne dell' ipogeo dei Volumni di PERUGIA. L'evoluzione della figura del defunto segue quella delle officine tarquiniesi, anche nella conformazione delle teste che manifestano la medesima provenienza di scuola, fino al loro superamento in senso qualitativo nella seconda metà del III secolo a.C.


Agli inizi del secolo successivo le trasformazioni sociali in atto nel territorio chiusino condussero ad una prevalenza di domanda relativa a più economiche urne fittili; anche per i sarcofagi ci si rivolse alle officine coroplastiche (oggetti in terracotta). A questa tipologia appartengono i celebri sarcofagi di Larthia Seianti (conservato al Museo Archeologico Nazionale di Firenze) e quello della sua parente Thanunia Seianti (conservato al British Museum). Entrambi presentano notevoli dettagli ornamentali, quasi a sottolineare il bisogno di esibizione & autoaffermazione di una classe nobiliare - a cui le defunte appartenevano - ormai in decadenza.



L’etrusca CLEVSIN o CAMARS , diventata poi la latina CLUSIUM (Klysion, Κλύσιον in greco antico), oggi CHIUSI in provincia di Siena, fu una delle più importanti e potenti fra le dodici città della DODECAPOLI .

Le vestigia del periodo etrusco – come i canopi antropomorfi o i buccheri pesanti, tipica produzione locale, vasi, bronzi e oreficerie – sono conservate nel Museo Archeologico Nazionale della città, dove è stato aperto il cosiddetto Labirinto di Re Porsenna, un percorso che attraverso dei cunicoli sotterranei conduce fino a una monumentale cisterna.

CLEVSIN aveva un'importanza fondamentale, poiché collocata sull'arteria che collegava Roma all' Etruria settentrionale, seguendo il Tevere e il suo principale affluente, il Clanis, essendo il fondovalle dell'omonima valle - Val di Chiana - estremamente fertile.

Durante il regno di re Porsenna la potente CHIUSI osò sfidare la giovane ROMA.

Larth Porsenna andò in aiuto di Tarquinio il Superbo dopo la sua cacciata da Roma tentando di prendere la città d’assalto, tentativo che però fallì. Allora nel 506 a.C. l’assediò riducendola alla fame. Risale al V secolo a.C. il periodo di maggiore splendore della città, che dopo la sconfitta della lega etrusca nel III secolo venne progressivamente romanizzata insieme a tutta l’Etruria, pur conservando i propri ordinamenti e la propria cultura. Del mitico re Porsenna si persero le tracce nell’ultima fase della sua vita, se non per la notizia di Plinio il Vecchio, che citando Varrone, ricorda come a Chiusi gli fosse stato eretto un monumento funebre imponente, che si apriva sotto la città, era dotato di un intricato labirinto, dal quale era impossibile uscire senza l’aiuto di un filo. La struttura era sormontata da 5 piramidi sulle cui punte erano fissati dischi di bronzo che risuonavano al vento. Del maestoso sepolcro non è mai stata ritrovata traccia.



Labirinto di re Porsenna - ingegnoso sistema di cisterne per il drenaggio e la raccolta dell’acqua piovana già attivo durante l’epoca etrusca, come hanno confermato gli oggetti recuperati e studiati negli scavi più recenti. Dal 1995 è stato aperto un percorso che inizia nell’Orto vescovile e dopo 120 metri circa di gallerie conduce a una cisterna etrusco-romana, che si trova sotto la torre campanaria. E’ così possibile visitare parte di questa rete sotterranea di Chiusi (presente anche in altre città etrusche come Orvieto e Perugia) intitolata al suo mitico lucumone Porsenna.



Necropoli etrusca - una decina di tombe sparse nella campagna circostante CHIUSI.

La più nota è forse la Tomba della Scimmia - ritrovata nel 1846 e datata V secolo a.C. nella necropoli di Poggio Renzo - chiamata così perché sulla parete d’ingresso è dipinta una scimmia accovacciata. Il sepolcro doveva appartenere a una famiglia ricca e potente, con un ciclo di affreschi dedicato ai giochi funebri che copre tutta la sepoltura e presenta scene di lotta, gare, corridori su bighe … la defunta è raffigurata su un ricco sedile, avvolta in un mantello, con il tutulus - il caratteristico copricapo etrusco.

Nelle vicinanze sorge la Tomba del Leone – detta anche “del Colle” - con una serie di pitture in buono stato di conservazione e due felini sul frontone … nella camera di fondo due urne cinerarie scolpite : nei coperchi figure semisdraiate sul kline.

La Tomba della Pellegrina, dal nome della casa colonica che si trova poco distante, è un esempio di tomba familiare di età ellenistica. Presenta un lungo corridoio sul quale si aprono quattro nicchie, tre delle quali accolgono urne.



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