Interessante visita al primo luogo di coltivazione del RISO in Italia

 

Siamo a TRINO, in provincia di Vercelli, immersi in un mare di risaie.

Il PRINCIPATO di LUCEDIO, con la cinta muraria che lo racchiude, si presenta oggi come una grande e moderna azienda agricola. Dell'antico monastero medievale, eretto dai cistercensi nel XII secolo e poi ampliato nel corso del periodo di massima rinomanza e floridezza economica dell'abbazia (secolo XIII e XIV), si sono conservate notevoli strutture architettoniche. Non passano inosservate le due chiese settecentesche. 



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Alla destra del cancello di ingresso la cosiddetta chiesa del popolo, costruita nel 1741 per le funzioni sacre destinate alle famiglie contadine ed alla gente comune abitante in Lucedio. Ridotta a deposito agricolo, la chiesa - disegnata da Giovanni Tommaso Prunotto, collaboratore di Juvarra - si lascia ammirare per le sue linee tardo barocche.



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L'antica chiesa abbaziale (che si fa risalire agli anni 1150-75) divenuta ormai malconcia e pericolante, fu abbattuta per far posto ad una nuova chiesa edificata in eleganti forme barocche tra il 1767 ed il 1770 (ora oggetto di restauro e non accessibile).

 

 

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Cortile dell’azienda agricola

 

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LUCEDIOLuce di Dio o, forse, Dio di Luce, ovvero Lucifero.

1123 – Il marchese Ranieri I del Monferrato della dinastia degli Aleramici affidò ai monaci CISTERCENSI (regola di San Benedetto) provenienti dal monastero di La Ferté a Chalon-sur-Saône, in Borgogna, il compito di bonificare la zona, al tempo caratterizzata dalla presenza di zone paludose ed incolte boscaglie (denominate locez).

L'abbazia venne eretta come struttura fortificata intitolata a Santa Maria di Lucedio, conl’alto campanile (36 m.) ben visibile dalla vicina Via Francigena …

Nel corso del medioevo, l'abbazia svolse un ruolo di primo piano nella storia del Marchesato del Monferrato, essendo uno dei luoghi sacri più legati alla famiglia aleramica. Non a caso, molti marchesi decisero di farsi seppellire qui.



La posizione geografica lungo la Via Francigena fu strategica anche per lo sviluppo socio economico dell’Abbazia, che divenne un fiorente centro di potere politico. Ben tre furono i Pontefici che in quei secoli la visitarono.



Le prime coltivazioni furono quelle dei cereali antichi come farro, orzo, miglio, grano … per arrivare al RISO agli inizi del ‘400.



Lucedio è la culla del riso italiano :

da qui si sviluppò il territorio delle Grange, aziende agricole intervallate su un ampio comprensorio agricolo, ottenuto grazie alle opere di disboscamento e livellamento dei terreni.

Il patrimonio terriero dell'abbazia si estendeva ben oltre le terre prossime al monastero (con le grange di Montarolo, Darola, Castel Merlino, Leri, Montarucco, Ramezzana …), comprendendo anche appezzamenti dislocati in un'area vasta nel Monferrato e nel Canavese.



Il sistema di gestione tipico dell’ordine dei cistercensi si basava sulla suddivisione dei possedimenti del monastero in grange.

A capo di ciascuna grangia non era posto un monaco (già gravato da impegni di ordine spirituale quali preghiera e studio) ma un fratello converso (laico dedicato ai lavori manuali) che sapesse farla fruttare. I conversi, che coordinavano a loro volta il lavoro di liberi contadini salariati (chiamati mercenari), rispondevano della loro attività al cellerario, monaco che curava, per conto dell'abate, l'amministrazione dell'intera abbazia.



Sala dei Conversi con slanciate volte a vela che poggiano su basse colonne utilizzata anche per l’accoglienza dei pellegrini.

 

 

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Refettorio

 

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Galleria spazio ricavato dal tamponamento delle arcate del Chiostro. Al piano superiore le camerate per l’alloggiamento delle MONDINE.

 

 

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La meridiana segna le ore lavorative … la prima conquista delle 8 ore di lavoro … Negli anni ’50 oltre la cinta muraria dell’azienda agricola venne realizzato l’edificio scolastico per i figli delle lavoranti.

 

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Sala Capitolare (metà del XIII secolo) con quattro colonne in pietra e capitelli di foggia altomedievale. Pianta quadrata e affresco.


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La nuova chiesa barocca a navata unica venne realizzata sopraelevata di circa 2 metri rispetto all’antica chiesa abbaziale a 3 navate e pertanto non consente più l’accesso diretto al campanile raggiungibile dall’esterno dell’attuale azienda agricola.

 

 

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Si tratta di un inconsueto campanile a pianta ottagonale, poggiante su una preesistente base quadrata, in stile gotico lombardo.

 

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Visibile il piano della chiesa romanica e le successive stratificazioni delle pavimentazioni per rialzarlo dall’umido terreno argilloso … visibile anche un altare della navata laterale …

 

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Dalla sommità dell’alto campanile vista a 360° sulla campagna circostante disegnata dalle risaie …

 

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Sullo sfondo il Bosco della Partecipanza, un piccolo residuo delle grandi foreste che ricoprivano la pianura padana e che furono quasi totalmente abbattute nel Medioevo nell'ambito di grandi opere di bonifica agraria. Querce e pioppi sono i tipi arborei prevalenti. In epoca romana l'area del parco era probabilmente un bosco sacro.

 

 

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In direzione opposta, verso Trino, 3 luoghi di produzione dell’energia, dalle due torri di raffreddamento della Centrale Nucleare “Enrico Fermi” (attiva nel periodo 1965-1987, dismessa dopo il disastro di Chernobyl) alla Centrale Elettrica convenzionale alimentata a gas fino al Parco Fotovoltaico (Energia rinnovabile).

 

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Il portale d’ingresso alla tenuta e la chiesa del popolo

 

  

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Tornando alla storia dell’ABBAZIA, nel 1457, con breve di papa Callisto III, il monastero cessò di essere di pertinenza diretta dell'ordine cistercense, divenendo Commenda, posta sotto il patronato dei Paleologi, marchesi del Monferrato (con diritto di nomina dell'abate e di riscossione di rendite).

Esauritasi, dopo quella degli Aleramici anche la dinastia dei Paleologi, il feudo passò ai Gonzaga subentrati a Casale nella reggenza del Monferrato; mentre i Savoia avevano iniziato ad avanzare loro presunti diritti sul monastero. Solo nel 1707 essi riuscirono a portare a compimento il loro disegno, quando il Monferrato venne annesso ai domini sabaudi.

Nel 1784 - dopo la morte del cardinale Carlo Vittorio Amedeo delle Lanze e un periodo di forti attriti con la diocesi di Casale per la nomina dell'abate commendatario - l'abbazia e le sue grange divennero parte della Commenda Magistrale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. I monaci cistercensi, ridotti ormai ad una decina, furono trasferiti a Castelnuovo Scrivia.

Nel 1792 l'Ordine di San Maurizio conferì la commenda al duca d'Aosta (poi Re Vittorio Emanuele I di Savoia), ma dopo pochi anni il monastero cadde nei decreti napoleonici di soppressione degli ordini religiosi.

Fu proprio Napoleone a cedere la proprietà di Lucedio a Camillo Borghese, a parziale risarcimento delle collezioni d'arte che gli erano state requisite a Roma.

Caduto Napoleone, si aprì una contesa tra Camillo Borghese ed i Savoia sul possesso di Lucedio. Le proprietà vennero divise in lotti e cedute a vari personaggi (tra i quali il padre di Camillo Benso, conte di Cavour).

Il lotto con il complesso abbaziale di Lucedio passò sotto il controllo del Marchese Giovanni Gozzani di San Giorgio che a sua volta, nel 1861, cedette la tenuta al genovese Raffaele de Ferrari, duca di Galliera, al quale i Savoia conferirono il diritto di fregiarsi del titolo di Principe di Lucedio.

 

Nacque così il cosiddetto PRINCIPATO di LUCEDIO, denominazione che appare tuttora sul portale d'ingresso della tenuta, attualmente proprietà della contessa Rosetta Clara Cavalli d’Olivola Salvadori di Wiesenhoff.

La famiglia Salvadori di Wiesenhoff conduce personalmente l’azienda agricola che produce RISO ITALIANO di primissima qualità.

 

Reportage fotografico by Mauro DRAGONI e Barbara CARICCHI

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